Descrizione
Il territorio del Comune di Limbadi comprende 5 frazioni:
Badia di Limbadi
Badia si divide teoricamente a sua volta in due paesi…Badia di Limbadi e Badia di Nicotera..
Si estende dalla collina Piraino e Incenzi sotto le pendici di Monte Poro denominata GNANA, divide i due paesi il torrente fosso .
Anticamente chiamata “Casale d’Abbazia”, questa zona fu sede di una comunità di monaci basiliani, seguaci di San Basilio (sec. IV), emigrati dall’Oriente, i quali edificarono molti monasteri, nell’area del Poro,
Quasi certamente, nella zona di Badia furono edificati due monasteri: uno San Nicola,e S. Maria Grazie all’eredità di una aristocratica nicoterese, tale Margherita Pellizza, nel 1386 fu costruita anche una chiesa dedicata a S. Niccolò.
Per tanti anni, però, la chiesa fu abbandonata, fino a quando Monsignor Ottaviano Capece, l’ideatore della Cattedrale di Nicotera, l’annetté alla limitrofa comunità ecclesiastica di Caroni fino al 1724, quando fu resa indipendente con il titolo di S. Nicola Vescovo.
I vari terremoti distrussero tutto persino le case degli abitanti, e l’attuale chiesa di S.Nicola, inaugurata il 22 Settembre del 1935 dal vescovo Felice Cribellati, sorge sulle rovine della precedente, al suo interno troviamo la statua dell’Addolorata e, naturalmente, quella di San Nicola Vescovo, protettore di Badia.
Durante gli scavi per la realizzazione della Variante Nicotera – Limbadi, Badia viene sbattuta in prima pagina alla Cronoca degli Storici per iscrivere un capitolo nuovo…
Infatti durante i lavori della stessa è rinvenuta, una piccola, ma, preziosa necropoli greca risalente presumibilmente al IV secolo a.c. si tratta di una piccola fattoria e i resti di una donna con accanto il suo cane.
Questi reperti testimoniano, ancora una volta, la permanenza nella zona dei comuni di Nicotera-Limbadi, la presenza oltre dei Bizantini , dei Normanni anche dei Greci.
Questa è un’area ricca di storia e ciò è attestato dai numerosi ritrovamenti e dall’ex ricchissimo museo di Nicotera che attualmente, però, custodisce pochissimi reperti che non testimoniano realmente l’invidiabile e prezioso passato che Nicotera e i paesi limitrofi hanno vissuto., molti reperti sono stati inviati presso il museo di Reggio Calabria…
Badia oggi detiene una scuola materna ed elementare dove provengono molti bambini di entrambi i comuni…ha subito anch’esso l’emigrazione di moltissimi giovani, ne resta così un paesino tranquillo è vivibile grazie anche alla sua posizione da dove si può ammirare tutta la Piana di Gioia Tauro e la visibilità di parte di Sicilia ..
Caroni - Branconi
Il paese di Caroni è arroccato quasi sulle pendici di Monte Poro, sul fianco che guarda per poco alle Serre e più al golfo di Gioia Tauro,lungo la provinciale che congiunge Nicotera con Vibo Valentia.
Le origini del paese sono da collocarsi tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500 e sorse in prossimità di un altro sito abitato, Branconi,villaggio in contrada Caronello dello stato dell’Università di Motta Filocastro.
Il Regesto Vaticano,cioè il registro ufficiale della segreteria della S. Sede, nell’anno 1518 registra una “ecclesia B. Maria, loci Carroni” rimasta senza cura a causa della morte del rettore/cappellano Bernardino Scatteretica.
Pare che l’antica parrocchia fosse stata in Branconi e che Caroni vi fu poi aggregato, cosicché nell’anno 1578 la parrocchia di Branconi viene denominata con il titolo di “S. Maria di Branconi e Carroni”, di Branconi nel 1582 e della Concezione di Branconi nel 1617, con delle varianti nel titolo nel corso degli anni a seguire: della “Concezione Immacolata”, della “B.V .Immacolata” e della “B.V. Maria”, titolo attuale. Nei primi titoli parrocchiali, come si vede, qualche volta i due villaggi vengono nominati come realtà distinte, altre volte invece compare uno solo dei due nomi, Branconi, in quanto quest’ultimo conserva la priorità rispetto a Caroni.
Nell’archivio vescovile di Nicotera si conserva un documento con l’Inventario dei beni della parrocchia di Caroni” dal quale si desume che nel 1617 Caroni come realtà parrocchiale è distinta da Branconi; evidentemente verso la fine del 1500 e gli inizi del nuovo secolo tra Caroni e Branconi è avvenuta una lenta e graduale separazione che ha portato come conseguenza la decadenza e la scomparsa totale e definitiva dell’antico villaggio di Branconi mentre Caroni è cresciuto e si è sviluppato sempre di più sia come centro abitato sia come vitalità religiosa a tal punto che sorgono e sono attive per lungo tempo due confraternite laicali: del “Rosario” e del “Santissimo” aventi come programma finalità educativo – religiose e assistenziali. Nel 1684 vengono gettate le fondamenta per una chiesetta dedicata a San Giuseppe, per cui a partire da quest’anno in Caroni esisteranno due chiese: la parrocchiale e la votiva.
Dalla fusione di queste due tradizioni religiose viene la spiegazione del perché la parrocchia di Caroni come titolo fa riferimento alla Madonna,anche se con delle varianti, ma viene riconosciuto come santo patrono San Giuseppe. Intanto si dilatano anche i confini della giurisdizione parrocchiale per cui il parroco di Caroni estende la sua cura pastorale anche sul limitrofo casale di Badia fino all’anno 1724, anno in cui Badia diventa parrocchia autonoma e indipendente. Nell’archivio parrocchiale si conservavano documenti che registravano la vita della parrocchia a partire dal 1671. La popolazione in questo periodo è di circa 150 persone,è parroco della comunità Don Francesco Vangeli e le condizioni ambientali ed economiche in generale sono miserevoli se addirittura vengono precisate con la seguente espressione popolare: “Carone, Caronedu e Maronite su i tri paisi da povertate” o nella variante “Caroni e Caroniti su i paisi di disperati”. Un avvenimento che impressionò fortemente gli abitanti di Caroni fu il terremoto del 5 Febbraio 1783. Causò molte rovine distruggendo totalmente l’abitato con le sue modeste abitazioni; provocò anche dei lutti con la morte di nove persone tra cui anche il parroco. Non sappiamo con certezza se le due chiesette fino allora esistenti abbiano anche esse subito danni o sono state totalmente distrutte.
Comunque sia, sta il fatto che agli inizi del 1800 in Caroni troviamo una nuova chiesa, ubicata nella parte alta e interna del paese. In essa tra le altre statue primeggiavano quelle dell’Immacolata e di San Giuseppe, quest’ultima datata 1818 e opera dell’artista calabrese Domenico De Lorenzo residente a Garopoli (Dinami). Della vecchia chiesa oltre le statue abbiamo ancora anche altri oggetti: una croce in ferro battuto, la vasca dell’acqua santa e due quadri in tela custoditi, quest’ultimi, presso il museo d’arte sacra in Nicotera. Un avvenimento “dispiacevole” per la parrocchia si verificò nell’anno 1924 quando il vescovo del tempo monsignor Felice Cribellati emanò un decreto con il quale si dichiarava interdetta,cioè chiusa al culto, per quasi un anno la chiesa parrocchiale in seguito a un atto di non accettazione da parte della comunità del nuovo parroco mandato dai legittimi superiori ecclesiastici. Come doveva essere triste quella chiesa con la porta chiusa! Qualcuno però sperava e attendeva che si riaprisse e così ogni sera andava e accendeva sulla soglia della porta il lumino della lampada ad olio (scena profondamente poetica e patetica nello stesso tempo).
Con il passare del tempo la vecchia chiesa, divenuta piccola a causa dell’accresciuta popolazione e sicuramente danneggiata dalle intemperie naturali, si presentava ormai inefficiente per cui si progettò di sostituirla con una nuova,l’attuale,da costruirsi nella parte bassa del paese lungo la provinciale.
I lavori iniziarono nel 1929 e venne inaugurata il 20 Agosto 1933 dal vescovo di Tropea – Nicotera Felice Cribellati, essendo parroco l’arciprete Pietro Loiacono.
Articolo di Don Mariano dell'Acqua tratto dal N. 6-2004 del "IL GIORNALE DI LIMBADI"
Mandaradoni
Immerso tra alberi d’ulivo e di querce secolari, sospeso tra due vallate e due ponti :ponte zergo e ponte pirgolo, Mandaradoni fu fondato nel XVI secolo da due fratelli siciliani, Sergio e Dante Lentini, i quali, esiliati dalla loro regione per atti delittuosi, trovarono rifugio nelle terre in cui oggi sorge il paese.
Incominciarono attraverso razzie di capre e pecore la loro attività che era quella di guardiani di mandrie,da qui il nome del primo nucleo del paese “ Mandraono”.
Mandaradoni fu per due secoli sotto Motta Filocastro, qui nacque lo Storico Francesco Adilardi, dove nel 1838 pubblicò in Napoli per la tipografia Porcelli la sua maggiore opera “Memorie Storiche sullo stato fisico, morale e politico della città e del circondario di Nicotera” .
Si preoccupò anche della Chiesa donando una pisside d’argento, fregiò di ornamenti in oro ed argento la V. e M.S. Filomena, ornò l’Altare e realizzò un altarino con un quadro rappresentante Sant’Antonio di Padova.
Gli Abitanti fedelissimi alla chiesa dedicata a “Santa Maria della Neve” teatro purtroppo di varie avvenimenti, essa fu edificata nel 1585 e andò distrutta dal terremoto del 1783, ricostruita a spese del re di Napoli fu abbattuta nel 1985 per motivi di viabilità.
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La popolazione è dedita principalmente all’agricoltura,che è molto fiorente nella zona denominata “Pujjisa”, dove si produce: olio, vino, frutta, ortaggi.
Numerosi sono i professionisti e gli impiegati, nonochè medici e Infermieri, alto il tasso dei laureati.
Le attività lavorative esistenti sono: due officine di carrozziere, un fabbro, un’azienda di falegname e un negozio di mobili, un frantoio, che danno lavoro a molte persone.
Ma dal periodo fiorente ad oggi Mandaradoni subì come tutti i paesini uno sfollamento di popolazione...
Motta Filocastro
Motta Filocastro, (secondo lo storico nicoterese Adilardi, il nome di questo paese è composto da Motta, Filos e castrum che significa piccolo ma delizioso paese, eretto su un monte e adatto alla difesa), oltre ad essere un bellissimo Borgo Mediovale circa 200 anni fà era sede del Comune..
Sorge sulla cima di una collina a 360 m sul livello del mare, lungo l’antica via Popilia, nel tratto tra Rombiolo e Nicotera.
Le sue origini si crede che appartiene al periodo fra il VII e il V secolo a.C. per opera dei greci di Locri, in epoca magnogreca, altri da Annibale ecc...
In altri documenti, inoltre, si afferma che Motta è stata costruita dagli stessi abitanti di Nicotera dopo che la città fu distrutta dall'emiro Hasan-ibu-Alì (950 d. C.).
Durante l’Impero Romano era un villaggio ad economia agricolo-pastorale, nel 946, divenne molto popolato, quando gli abitanti di Nicotera si trasferirono a causa delle terribili incursioni dei Saraceni.
Motta nel' IX divenne pure insediamento d’eremiti Basiliani, mentre nel' XI i Normanni ne popolavano la zona, il Conte Ruggero con il suo dominio nella città di Mileto fece erigere, a Motta un castello con 12 torri, dove nel 1097 Papa Urbano II lo visitò, venuto in Calabria allo scopo di mettere ordine nelle pratiche della Chiesa, visitò i castelli di Mileto e di Motta Filocastro.
Con il Regno degli Svevi per opera dell' Imperatore Federico II, Motta divenne centro Urbano ricco ed autonomo, la giustizia si narra era amministrata dai Cavalieri del Tocco che si riunivano proprio al Tocco, si narra che qui i cavalieri stabilivano i turni di guardia, oggi è un bellissimo balcone mozzafiato, (abbellito con sedili di marmo fatti venire da Napoli), dove si può ammirare lo stupendo panorama della Piana di Gioia Tauro, le montagne delle Serre e dell’Aspromonte, lo Stretto di Messina, parte della Sicilia e l’ETNA…
Nel 1260 a fronte della guerra guelfi e ghibellini le varie famiglie calabresi si schierarono contro gli Svevi, da qui in poi e continuando nel 1266 con gli Angioini, Motta ed in genere il meridione fu teatro di violenti sommosse e povertà.
Furono gli Aragonesi ha portare a Motta una nuova speranza, economica e culturale con l'allevamento del baco da seta...
Nel 1506 e per diversi secoli i Pignatelli duca di Monteleone (vibo valentia) ne continuò questa forma di collaborazione al benessere..
Motta alla fine del 1600 era dotato anche di un Ospedale, che serviva ai poveri e ai pellegrini e aveva giurisdizione sui villaggi di Branconi (Caroni), Mandraono (Mandaradoni), San Nicolo (San Nicola), Zimbadi (Limbadi), San Martino, Cassinadi e Mambrici.
Il centro era circondato da mura che ne garantivano ogni difesa, l'entrate da tre grandi porte.
I soldati dei Pignatelli nel 1638 andarano in aiuto alla vicina Nicotera per respingere degli attacchi dei Turchi..
Motta nel 1799 fu dichiarato Comune..
Con una legge del 19 gennaio 1807 il re di Napoli Napoleone Bonaparte elevò Limbadi ad Università nel governo di Nicotera.
Anni dopo, Motta, perse l'autonomia di Comune il 1 gennaio 1830 con un decreto emanato dal re delle Due Sicilie Francesco I., con l'annessione dell'ex Regno delle due Sicilie al Regno d'Italia, Motta divenne anch'esso teatro di scontri, a causa delle varie ingiustizie dei Savoia sul meridione, allorché il brigantaggio impedivano il traffico, effettuando sequestri di persona e uccisioni di possidenti, rendendo impossibile la vita e la coltura delle campagne.
La repressione fu dura e spietata: le teste dei briganti uccisi venivano esposte legate su dei pali ed esposte alla porta dell'Olmo porta principale d'entrata di Motta Filocastro.
Con il malessere economico e sociale nel 1906 nasce il movimento separatista mottese...al quale si erano associati anche i cittadini di Mandaradoni e San Nicola, che chiesero ripetutamente alle alte autorità del tempo il giusto provvedimento visto, la perdita dell'Autonomia di Comune, ma nulla purtroppo per loro tornò come prima..
San Nicola De Legistis
San Nicola è la Frazione più piccola del Comune di Limbadi ma pur sempre una delle più antiche, si estende alle spalle dal monte della Santa Croce tra due torrenti, l’aliva e l’Arangareja,.
I primi abitanti del paese risale all’XI secolo e fu costruito intorno al Monastero di San Nicolò, che il re Ruggero fece erigere per i monaci di San Bernardo.
Il nucleo più antico del paese si trova nella zona chiamata Cafiu. Il villaggio crebbe rapidamente ed assunse una certa importanza, tanto da avere nel 1621 1621 una grande chiesa con tre navate, con otto cappellani e un arciprete: inoltre altre tre chiese vi sorsero del Rosario, di San Sebastiano e di San Rocco.
Vicino alla chiesa del Rosario sorgeva un Convento di Padri Domenicani che venne abolito nel 1653 con bolla di Papa Innocenzo X.
Il paese era più esteso e popolato e apparteneva all’Università di Motta Filocastro tanto da venire chiamato “Santonicola Filocastri” per alcuni secoli.
Il terribile terremoto del 1783, distrusse tutto, da allora San Nicola fu derubato ed abbandonato di tutte le sue glorie, da moltissime famiglie che si trasferirono a Rosarno e nei paesi vicini.
Nella metà del 1800 il paese ebbe una netta ripresa, gli abitanti aumentarono notevolmente ed aveva luogo una fiera che durava quindici giorni.
Attualmente conta circa 300 abitanti, in prevalenza agricoltori; vi funziona un panificio-biscottificio che rifornisce molti paesi del circondario.
L’amministrazione Provinciale volle nel 2007 per contrastare l’abbandono del paesino costruire un campetto da calcio regolare con tanto di doccie, inoltre vi è una struttura per l’Igiene Mentale..
L’associazione "Alighistos"è teatro ogni anno di importante manifestazioni a carattere Regionale.